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Estinzione anticipata di un credito al consumo

Il credito al consumo è un contratto in forza del quale il consumatore riceve una somma di denaro, assumendosi l’obbligo di restituirla ratealmente.

Generalmente, l’origine di questi rapporti si rinviene nelle dilazioni di pagamento concesse dai venditori di beni o servizi su quanto venduto, ovvero nei finanziamenti concessi dalle banche e dagli altri istituti finanziari.

Perché vi sia un credito al consumo, la prerogativa fondamentale è che questo deve essere concesso ad una persona fisica che agisca nelle vesti di consumatore.

Può trattarsi di un prestito finalizzato ovvero di un prestito non finalizzato.

Nel caso di dilazione di pagamento, vi sarà un pagamento rateale nelle date convenute con il venditore del bene (l’esempio tipico è quello dell’acquisto a rate di un televisore).

Nell’ipotesi invece di prestito ricevuto da un istituto finanziario, il consumatore riceve una somma di denaro, assumendosi l’obbligo di restituirla, maggiorata degli interessi, con una rateizzazione mensile.

In questo caso, le operazioni più frequenti sono:

  • prestiti personali;
  • prestiti finalizzati;
  • cessioni del quinto;
  • delegazioni di pagamento;
  • apertura di un credito in conto corrente;
  • carta di credito revolving.

Le spese che sostiene il consumatore, tuttavia, non si limitano alla restituzione del capitale e alla corresponsione degli interessi, dovendo lo stesso sostenere tutti i costi iniziali per poter accedere a questo tipo di servizio, oltre che, soventemente, delle spese assicurative. Tali spese sono rappresentate, solitamente, dalle “spese di istruttoria, dal “premio assicurativo” e dalla “commissione finanziaria. Le stesse possono poi essere finanziate dal consumatore (aggiungendole al capitale concesso in prestito) o sostenute immediatamente.

Gli importi rientrano pertanto nei calcoli effettuati dall’istituto per la determinazione del TAEG [1], il quale è configurato come se tutti i costi sostenuti per avviare il finanziamento fossero rateizzati su tutta la pendenza del rapporto di credito.

È intuibile, pertanto, che, qualora il consumatore dovesse decidere di estinguere anticipatamente il finanziamento, vi sarebbero delle spese sostenute per dei servizi non goduti.

Il consumatore ha pertanto diritto alla restituzione, pro quota alle mensilità rimanenti al momento dell’estinzione, dei costi sostenuti alla sottoscrizione del contratto con l’istituto.

Tali costi si dividono in costi Recurring e Up-front. I primi si maturerebbero nel corso delle mensilità rimanenti del finanziamento ( per esempio un premio assicurativo che, chiaramente, non è necessario copra le mensilità in cui il finanziamento è estinto); i secondi sono invece i costi sostenuti per aprire il rapporto creditizio.

I costi recurring sono sempre stati resituiti dagli istituti finanziari, che si rifiutavano invece si restituire le somme relative ai costi up- front.

In materia è intervenuta la Corte di Giustizia Europea con la sentenza n. 383 dell’11 settembre 2019  (c.d. “Sentenza Lexitor”) affermando che in caso di cessazione anticipata del rapporto di credito, il consumatore ha diritto alla restituzione pro-quota di tutti i costi posti a suo carico, per il periodo di durata residua non goduta del credito.

Tale principio di diritto è stato riprodotto immediatamente  dall’ Arbitro Bancario Finanziario (ABF) con la decisione n. 2625 dell’11 dicembre 2019. L’ABF ha poi confermato la decisione in tutti i successivi provvedimenti.

Il Legislatore nazionale è invece intervenuto con l’art. 11-octies del D.L. 73/202, che ha modificato l’art. 125-sexies del Testo Unico bancario, disponendo che “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”.

Gli istituti finanziari, tuttavia, hanno proseguito a non restituire queste somme, asserendo che la modifica normativa disponesse solo per l’avvenire, pertanto dal 25 luglio 2021 in poi.

In una delle vertenze in cui una banca ha rifiutato la restituzione di tali somme, è stato adito allora il Tribunale di Torino, in cui il consumatore che l’istituto non ottemperasse la decisione dell’ABF, sempre sostenendo che i contratto era stato stipulato prima dell’entrata in vigore del nuovo art. 125-sexies T.U.B. Il citato Tribunale ha rimesso la questione alla valutazione della Corte Costituzionale.

Con la sentenza n. 263 del 22 dicembre 2022, la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 11-octies, nella parte in cui il diritto alla riduzione dei costi è limitato solo a quelli di tipo recurring.

La conseguenza fondamentale di questa sentenza costituzionale è che il consumatore che estingue un credito al consumo ha diritto alla restituzione, pro-quota, sia dei costi recurring che up-front, anche per i contratti stipulati prima del 25 luglio 2021.

Lo Studio Legale Sini assiste i consumatori che hanno diritto alla restituzione di queste somme, tentando dapprima una composizione bonaria della controversia con l’istituto finanziario. Se non si dovesse trovare un accordo conciliativo, verrà allora adito il Giudice competente.


[1] Il TAEG (Tasso annuale effettivo globale) rappresenta lo strumento principale di trasparenza nei contratti di credito al consumo. E’ un indice armonizzato a livello comunitario che nelle operazioni di credito al consumo rappresenta il costo totale del credito a carico del consumatore, comprensivo degli interessi e di tutti gli altri oneri da sostenere per l’utilizzazione del credito stesso. Il TAEG è espresso in percentuale del credito concesso e su base annua. Deve essere indicato nella documentazione contrattuale e nei messaggi pubblicitari o nelle offerte comunque formulate. (fonte: Glossario della Banca D’Italia).

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